Carnevale a Potenza

A Potenza, il Carnevale, era considerato come il Dio della tarantella e del mangiare e bere a volontà.

Infatti, in questo periodo, i potentini si abbandonavano a svaghi e divertimenti non concessi durante l’anno. Questi svaghi, comunque, erano limitati al ballo, soprattutto la tarantella, che veniva ballata al suono del tamburello, il cosiddetto tammurrièdd’ , del piffero, o altro strumento musicale di quei tempi, si ballava in ogni casa o ‘int’ la cuntana (nel vicolo) ed ovunque era possibile.
Era tipico mangiare la savucicch’ e tutte quelle leccornie derivanti dalla carne del maiale che in quei tempi era presente in ogni famiglia, la pasta preparata in casa, come  li maccarone a ferrètte o cu la giònca (maccheroni fatti in casa col ferretto o col filo di giunco; fusilli),  condita, cu lu rraù fatt’ cu tutt’ li spicilarie de lu porc’ (con un ragù fatto con tutte le specialità del maiale).
I ragazzi, si divertivano ad andare di casa in casa e per le strade della città cantando ritornelli in dialetto lucano.

Uno di questi era:
carnvale mie, chiène d’uòglie, stasera maccarone e craie fuòglie (carnevale mio, pieno d’olio, cioè grasso, questa sera maccheroni e domani verdura).
Questo ritornello, stava ad indicare che, al periodo di abbondanza del  carnevale, succedeva quello di  astinenza e di magro della Quaresima.

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