Il Manifesto degli insegnanti

Con un gruppo di insegnanti aderenti a ” La scuola che funziona”, un social network fondato da Gianni Marconato per mettere in comunicazione gli insegnanti delle varie regioni italiane e contribuire, attraverso la scambio di  esperienze e la discussione su alcuni temi critici, al miglioramento della realtà scolastica italiana, abbiamo elaborato il Manifesto degli insegnanti.

Il Manifesto è una sorta di Giuramento di Ippocrate in cui si riconoscono molti insegnanti italiani che tende a contrapporre la mission, ossia il ruolo autentico del vero insegnante,  alla crisi che attanaglia oggi la classe docente  italiana ed  in generale  il mondo scolastico.

A questo link è possibile aderire e sottoscrivere il Manifesto degli insegnanti

Un’iniziativa la scuola che funziona

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1. Amo insegnare. Amo apprendere. Per questo motivo sono un insegnante.

2. Insegnerò per favorire in ogni modo possibile la meraviglia per il mondo che è innata nei miei alunni. Insegnerò per essere superato da loro. Il giorno in cui non ci riuscirò più cederò il mio posto ad uno di loro.

3. Insegnerò mediante la dimostrazione e l’esempio, il riconoscimento dei miei errori illuminerà il mio percorso.

4. Accompagnerò i miei alunni alla scoperta della realtà che li circonda, assecondando e stimolando in ognuno di loro la curiosità e la ricerca, le domande e la passione.

5. Non potendo trasmettere ai miei studenti la verità, mi adoprerò affinché vivano cercandola.

6. Incoraggerò nei miei studenti l’impegno e la volontà di migliorarsi costantemente e di non rassegnarsi mai di fronte alle difficoltà. Io stesso provvederò a formarmi e aggiornarmi continuamente.

7. Farò in modo che la scuola sia il mondo, e non un carcere.

8. Non trasmetterò ai miei studenti saperi rigidi e preconfezionati. La mia visione del mondo mi guiderà, ma non sarà mai legge per loro. Il dubbio e la critica saranno i pilastri della mia azione educativa.

9. Promuoverò lo studio per la vita e contrasterò lo studio per il voto.

10. Raccoglierò elementi di valutazione, rifiutando approcci semplicistici e meccanici che non tengano conto delle situazioni di partenza, dei progressi, dell’impegno e della crescita complessiva del singolo alunno.

11. Lotterò affinchè la scuola sia la scuola di tutti, la scuola in cui ogni studente possa apprendere seguendo tempi e tragitti individuali. Farò in modo che i miei studenti mi scelgano e non mi subiscano.

12. Aiuterò i miei alunni a illuminare il futuro leggendo il passato e vivendo in pienezza il presente. Li aiuterò a stare nel mondo così com’è, ma non a subirlo lasciandolo così com’è.

13. Resterò fedele a questi punti in ogni momento della mia azione educativa, pronto ad affrontare e superare tutti gli ostacoli formali e burocratici che si presenteranno sulla mia strada.

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Venti regioni … un solo Paese; la cappella di Sant’Elia, nuovi e antichi valori nutrizionali

La realizzazione di questo progetto educativo sulle regioni d’Italia è nata dal voler far conoscere meglio e apprezzare un grande patrimonio di bellezze e tradizioni da recuperare e non disperdere, un invito a considerare  la diversità come ricchezza; un’educazione a un più maturo senso civico, al rispetto, alla convivenza democratica. E’ solo così, conoscendo in maniera approfondita le varie culture, che siano quelle di una regione vicina o quelle di un’ area del mondo lontana,che si cresce insieme, si migliora e si costruisce un mondo sereno. Venti regioni con le loro sfumature, ma con un’unica anima, quella Italiana. Abbiamo voluto sottolineare con forza la ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia:l’Italia è un unico Paese, dove i bambini del nord sono uguali a quelli del centro, del sud e delle isole. Abbiamo previsto un’uscita didattica in treno,

per conoscere la vicina regione Campania

e un recital di fine anno per ritrovarci tutti insieme, in un momento di festa, insegnanti, bambini e genitori..

Gli alunni, attraverso l’esperienza di recitazione, canto e ballo, hanno affrontato temi legati alla conoscenza delle regioni italiane in un percorso che ha privilegiato l’approccio globale, ludico ed interdisciplinare, che ha consentito loro di sviluppare la creatività e la socialità, nonché valorizzare le potenzialità espressive e comunicative.

Il successo del recital finale va attribuito per la gran parte all’impegno,

al piacere,

alla gioia

con cui i bambini hanno affrontato questa esperienza.

Ciascuno ha cercato di dare il meglio di sé.

Esibirsi su un palcoscenico è stato per tutti un momento di crescita personale, soprattutto per i più timidi, che sono riusciti a superare l’impaccio iniziale, realizzando le attività proposte con ottimi livelli di performance.

Le insegnanti, plesso Galdo, I Circolo Lauria

Gli alunni della classe quinta si sono impegnati nello studio del territorio in una ricerca sulla Cappella di SANT’Elia situata nelle vicinanze della scuola in località “Sant’Elia” e nello studio dei nuovi valori nutrizionali di alcune ricette tipiche del luogo.


L’oro della Basilicata

Il petrolio è una miscela naturale di idrocarburi soprattutto carbonio e idrogeno. Si estrae dai giacimenti che si trovano nella crosta terrestre, a una profondità compresa tra poche decine e diverse migliaia di metri.
Si forma sotto la superficie terrestre per decomposizione di organismi marini e di piante che crescono sui fondali oceanei.

La presenza e lo sfruttamento del petrolio in Italia è molto antico e risale ai tempi dei Romani, infatti le estrazioni petrolifere naturali nell’ Appennino erano sfruttate come combustibile.


Il petrolio viene portato in superficie dalla pressione dei gas sotterranei o mediante pompe; viene poi raccolto in serbatoi trasportato per mezzo di oleodotti o petroliere nei luoghi di lavorazione. Dopo che è stato estratto viene trattato con sostanze chimiche e calore per eliminare l’ acqua e le particelle solide in esso contenute e per separare il gas naturale residuo. Viene poi immagazzinato in serbatoi di smistamento, da dove viene trasportato alle raffinerie mediante tubazioni.


I prodotti che si ottengono dalla sua raffinazione sono: benzina, cherosene, oli per motori diesel, oli per riscaldamenti lubrificanti, oltre ad una serie di prodotti petrolchimici.
Il nome petrolio deriva dalla parola latina petroleum cioè “ olio di roccia”.Viene detto “oro nero” per la sua importanza mondiale.

L’ accordo di programma quadro fra regione Basilicata ed ENI

Per affrontare il delicato problema dell’estrazione petrolifera in Basilicata bisogna fare l’analisi dell’aspetto istituzionale e della contrattazione negoziata fra Stato, Regione e Compagnie petrolifere.

Sono adottati infatti, per il progetto di sfruttamento del petrolio, il contratto di programma quadro per determinare i rapporti tra regione Basilicata e compagnie petrolifere e l’intesa istituzionale di programma tra Regione e Governo centrale.

La risorsa petrolio assume ruolo di misura e di verifica dei rapporti tra Stato, Regione ,Enti Locali e compagnie petrolifere. Ognuno di questi soggetti ha un ruolo e propone distanze e progetti che manifestano i diversi interessi che essi rappresentano.

Lo STATO ha il compito di controllare che le compagnie petrolifere rispettino le prescrizioni della legge sul pagamento delle ROYALTIES (diritti minerari versati dalle compagnie allo Stato, Regione e Comune ), e di rispettare esso stesso gli adempimenti in materia di tutela e salvaguardia del territorio dai rischi derivanti dall’attività petrolifera.

Gli ENTI LOCALI hanno l’occasione di operare come centri promotori dello sviluppo. Le COMPAGNIE PETROLIFERE devono impegnarsi ad integrare le loro attività con azioni di esplicitazioni di tutti i programmi dell’attività mineraria, promozione dello sviluppo dell’attività economiche e occupazionali e minimizzazione degli impatti ambientali.

Il CONTRATTO DI PROGRAMMA QUADRO, stipulato il 18 novembre del 1998 per l’estrazione di idrocarburi nella Val D’Agri, definisce i punti verso cui far convergere le azioni concordate tra  Regione e compagnie petrolifere. In precedenza l 19 luglio 1996 si era già concordata la stesura di un accordo tra Regione e ENI.

Nell’ottobre dello stesso anno si è composta una bozza più volte revisionata e corretta il 18 marzo 1998 si sono discusse le bozze di protocollo di intesa e si sono stilati una serie di impegni fra la regione Basilicata e l’ENI. Quest’ultima voleva rimuovere infatti il ricordo di una industrializzazione fallita ad opera dell’ ENICHEM in Val Basento. Dopo vari disappunti delle differenti parti in causa e mancanza di accordi definitivi, il 13 giugno 1998 si e giunti alla firma del Verbale d’intesa fra ENI e regione Basilicata.

I pareri e i commenti successivi alla firma dell’Intesa sono stati rivolti ai RISCHI del patto con l’ENI per l’impreparazioni della Regione sull’ambiente per la salvaguardia del sistema economico, per la ricaduta occupazionale, per la possibilità di infiltrazioni di criminalità organizzata.

DAL VERBALE  SI E’ POI PASSATI IL 18 NOVEMBRE, ALLA FIRMA DELL’ACCORDO

L’attività petrolifera in Basilicata

La nostra Regione grazie alle ingenti risorse di greggio presenti nei confini Lucani già nel 1997 figura con un discreto merito. Infatti nel 1997 sono stati prodotti oltre 11 000 barili al giorno di petrolio corrispondenti a circa il 10% di tutta la produzione italiana ed entro la fine del 2002 la metà dell’intera produzione nazionale è stata assicurata dallo sviluppo del PROGETTO IN VAL D’AGRI.

Nella Val D’Agri già nel 1937 era stata rilevata la presenza di un piccolo giacimento a Tramutola;  fra il 1939 e il 1947 incomincia una modesta produzione di olio, petrolio e gas dai primi pozzi perforati.

Nel dopoguerra si registra una diminuzione di interesse per le ricerche e lo sfruttamento, ma, negli anni ‘80, dopo un programma di ricerca profondo si ottengono successi incoraggianti e vengono sfruttati i giacimenti di monte Alpi, di Cerro Falcone e della Tempa Rossa. Per la prima lavorazione del greggio si costruisce il centro olio a Viaggiano  nel 1996.
L’importanza dei giacimenti rinvenuti  attira molte società internazionali. Oggi si distinguono due aree di produzione ad olio nella zona: la Val d’Agri e la Tempa Rossa.

Il giacimento Val d’Agri, scoperto nel 1981, è costituito da tre concessioni: VOLTURINO, CALDAROSA e GRUMENTO NUOVA.

La produzione è andata man mano aumentando fino a raggiunger i 45.000 barili al giorno.  Tale traguardo è stato possibile per il numero di pozzi completati  nel 2005.

L’ENI ha eseguito le prove funzionali necessarie per mettere a punto l’oleodotto;  due mesi di test  per verificare, con l’immissione di petrolio nella condotta, che tutti i sistemi di sicurezza e di tutela ambientale erano in efficienza così da poter avviare l’esercizio definitivo.
Per garantire la sicurezza dell’ impianto è stato applicato un sistema a “doppia barriera”ed è stato predisposto un piano operativo che individua gli interventi tecnici da effettuare. Se il sistema di ripristino dovesse fallire entra in funzione un dispositivo che blocca la produzione. Per la realizzazione dei pozzi si usano tecniche avanzate. Nell’ accordo firmato dall’ ENI sono previste delle iniziative di rimboschimento di valorizzazione del PARCO NAZIONALE DELL’APPENNINO LUCANO e di riqualificazione e adeguamento antisismico dei centri storici dei comuni interessati al progetto. Oltre1000 persone provenienti dal 50% dalla Basilicata sono stati occupati nella realizzazione dei progetti. Con la produzione  a regime il personale impiegato dall’Eni è di circa 90 addetti. Tra l’occupazione diretta e indiretta l’accordo prevede lavoro per almeno 3000 addetti. Il giacimento Tempa rossa, che si trova nella valle del Sauro presenta interessanti prospettive di sviluppo e coltivazione di oli pesante. Il petrolio situato in Basilicata può portare un contributo benefico considerevole all’economia Italiana in generale e di contribuire alla riduzione della fattura energetica.

Alunni della classe V plesso Walter Limongi I Circolo Lauria


Il parco del Pollino. Il versante lucano


Il percorso di geografia di quest’anno incentrato anche sulla scoperta delle caratteristiche del paesaggio montano e collinare e sullo studio delle aree protette, ci ha fornito lo spunto per analizzare dal punto di vista geografico il nostro territorio e approfondire  la conoscenza su un’area , ricca di specie animali e vegetali ormai rare, che è il Parco del Pollino. Il territorio del Parco è un insieme di valli e montagne, boschi, torrenti, ricco di verde, di una flora e fauna unica, di paesaggi vasti e diversi tra loro, con ampie aree incontaminate, con una serie di centri abitati che racchiudono una cultura montanara non ancora perduta. Ne fanno parte 56 comuni, 24 dei quali appartenenti alla nostra Regione Basilicata.

Sappiamo che i parchi sono stati istituiti per assicurare protezione alle piante e agli animali che vivono in un determinato ambiente. In queste zone, infatti, sono proibiti la caccia, la pesca, il taglio dei boschi e qualsiasi attività dannosa per l’equilibrio naturale. In Italia ci sono molti Parchi naturali e tra questi il Massiccio del Pollino, che è il più grande museo naturale all’aperto d’Europa, con i suoi circa  20.000 ettari di estensione e le innumerevoli specie vegetali ed animali che da secoli lo popolano.

Il Parco del Pollino è stato istituito nel 1990 con decreto del Ministero dell’Ambiente. Il nome deriva dal latino “ mons apollineus “ , Monte di Apollo, dio della salute e progenitore dei medici. Questa definizione trova origine nella grande quantità di erbe medicinali che crescono sul Massiccio. Il Parco del Pollino è ubicato nel gruppo montuoso calabro-lucano tra il Tirreno e lo Ionio. Il complesso montuoso del Pollino possiede una eccezionale varietà di presenze di grande rilievo naturalistico, paesaggistico ed umano. E’ un ambiente tipico della montagna meridionale con aspetti mediterranei ed alpini, caratterizzato nel periodo invernale, da innevamenti intensi, anche se instabili per la vicinanza dei due mari. Predominano le formazioni calcareo-dolomitiche, associate nel versante nord-orientale alle formazioni composte di argilla, marne e arenarie. Nella conca glaciale del Piano Pollino, sulla Serra del Prete e quella di Dolcedorme, si trovano depositi morenici, dovuti al trasporto di pietre e detriti che la lenta fase di ritiro dei ghiacciai ha comportato.Nell’alta Valsarmento ci sono interessanti monumenti geomorfologici, come la rossastra Timpa delle Murge, composta da rocce basaltiche, la Timpa di Pietrasasso, alta più di 50 metri, che domina i verdi pascoli a Terranova del Pollino, nella nostra Regione.


L’attività vulcanica sottomarina, avvenuta nel Terziario, in era mesozoica, è tutt’oggi testimoniata dalle rocce laviche, che costituiscono un raro e suggestivo “ giardino geologico “ e dove affiorano masse di lava a cuscino, “ pillow “, e verdastre rocce ofioliti, che si sono solidificate per raffreddamento a contatto con l’acqua. Altri eventi naturali hanno ulteriormente caratterizzato la morfologia del territorio del Parco, come l’azione delle acque sulle rocce calcaree, che ha dato luogo a fenomeni carsici, i quali hanno scavato moltissime gallerie e profonde voragini, che si insinuano per chilometri nelle profondità della roccia .Troviamo infatti la Grotta di “ Piezze i trende “ nei pressi di Rotonda, la Grotta di S. Paolo nel territorio di Morano  Calabro e l’Abisso del Bifurto a Cerchiara di Calabria, noto per la sua profondità di 683 metri. La fertile e verde valle del Mercure, era un bacino lacustre preistorico, profondamente trasformato dagli eventi atmosferici, che attraverso i secoli, ne hanno provocato la definitiva scomparsa. Nel 1979, nella Valle del Mercure, è stato ritrovato lo scheletro di un grande esemplare di  Elephas Anticuus Italicus, in ottimo stao di conservazione. Si tratta di un pachiderma alto circa 4 metri vissuto tra 700 mila e 400 mila anni fa e rinvenuto sulle sponde del lago che copriva l’intera valle, quando, al ritiro dei ghiacciai, l’area era interessata da un clima subtropicale. I resti preistorici, ricomposti, sono esposti nel Museo di Scienze Naturali di Rotonda, insieme a numerosi ed interessanti reperti fossili. Abbiamo anche l’interessante graffito preistorico nella grotta del Romito a Papasidero. L’azione erosiva delle acque ha ancora inciso a fondo le rocce dei rilievi, formando spettacolari gole e canyon, che caratterizzano le aree più suggestive del Parco: le gole del Lao, della Gravina, del Barile e le famose gole del Raganello, ai piedi di Civita, le cui pareti così alte e così tanto ravvicinate rendono difficile la penetrazione della luce, determinando un’atmosfera di estremo incanto. L’avvento dei ghiacciai, nel corso dell’ultima glaciazione di Wurm, avvenuta tra 100 mila e 12 mila anni fa, ha ulteriormente eroso le valli e i pianori di alta quota, definendo la morfologia delle montagne. Il patrimonio vegetativo è imponente e conserva, tra le  estese faggete , il pregiato Abete bianco e   sui crinali più alti, il raro Pino Loricato, relitto glaciale e simbolo del  Parco.Esso vegeta, maestoso e inconfondibile sulle impervie rocce calcaree. Questo pino ha il fascino della potenza, della resistenza e dell’adattamento alle alte quote e alla rovente estate mediterranea. Diffuse, su tutto il  territorio, le sorgenti e gli ampi  pascoli, che intervallando le fitte faggete, creano un riposante  paesaggio di natura quasi alpina. Numerosi corsi d ‘acqua, costituiscono splendide vie naturali di penetrazione, nel cuore del Massiccio, circondati da fitti boschi che nell’ insieme formano un habitat ideale per una fauna ricca e  varia . Su tutti questi elementi naturali, dominano cime che superano i duemila metri, innevate per la maggior parte dell’anno: il Dolcedorme ( m 2267 ) , il Monte Pollino ( m 2248 ), Serra delle Ciavole ( m 2127 ) e Serra di Crispo ( m 2053 )

Dalle zone basse della fascia mediterranea si passa ai boschi di Leccio, seguita dalla fascia della Quercia ( Roverella e Cerro ). Diffusa in gran parte delle zone del Massiccio, la fascia del Faggio che circonda le pendici delle montagne del Parco a quote che variano tra i 1.200 e i 1.900 metri di altezza. Il Faggio convive con numerose presenze dell’Acero montano e dell’Acero napoletano per mischiarsi, nelle quote più basse con il Cerro. La faggeta, con il verde della primavera, con gli accesi colori dell’autunno, la immobilità silenziosa invernale, caratterizza con la sua presenza, le aree più belle del Massiccio, meta soprattutto estiva, di visitatori.

Le erbe officinali ed i prodotti del sottobosco rappresentano un notevole patrimonio caratteristico per le sue essenze particolari e per le proprie rarità . Sono presenti molte essenze, come l’aneto , detto comunemente “ finocchietto “ che si usa nella preparazione dei liquori digestivi; l’assenzio usato per il vermuth, aperitivi e digestivi, la bardana con proprietà depurative, la carota selvatica che stimola funzioni epatiche, la camomilla romana, lo zafferano, il timo, tanti tipi di menta, il rosmarino, la salvia, la genziana, la lavanda, la santoreggia ,l’origano, l’alloro ed altre di particolare valore medicamentoso, utilizzabili per i prodotti farmaceutici e della cosmetica. Sono presenti molte varietà di funghi e piante bellissime di agrifoglio e vischio.In primavera ci sono stupende fioriture di orchidee, di viole, genziane, campanule, e in estate il raro giglio rosso.

Tra le  tantissime altre specie arboree, presenti nel parco, vi sono l’abete bianco, tutti e sette i tipi di aceri di cui l’acero di Lobelius, il pino nero, il tasso di diverse specie di querce, castagni, ed alle quote più elevate e sui pendii più ripidi è presente il Pino Loricato. Il suo nome scientifico,” Pinus leucodermis “, significa letteralmente “ pelle bianca “, per il  caratteristico colore bianco argenteo che assume il tronco. Il nome “ Pino Loricato “deriva  dalla forma della corteccia del tronco che ricorda l’aspetto della “ lorica “, la corazza degli antichi soldati romani. Ciò che più colpisce di questa specie rarissima, in Europa, presente solo qui  e nei Balcani , è infatti il tronco: tozzo, massiccio, contorto, mostra i segni delle continue furiose battaglie con i venti feroci delle cime, con le nevi e le folgori. I suoi rami possenti si dispongono a bandiera per resistere ai forti venti, mentre la chioma espansa mostra lo splendore degli aghi robusti e fitti. E’ soprannominato fossile vivente, per le remote vicende geologiche dei 900 anni di cui è protagonista, pur trovandosi a un passo dall’estinzione, è ancora lì , resistentissimo ai rigori dell’altitudine, al vento e all’aridità dei terreni calcarei nei quali affonda le sue possenti radici riuscendo a vivere, anche dove per mancanza di humus, non si sviluppa alcuna vegetazione, dimostrando un capacità di sopravvivenza che desta ammirazione.

Sulle cime al di sopra della vegetazione boschiva, si estendono ricche praterie di alta quota adibite a pascolo. Sono abitate da lepri e coturnici e d’estate si vedono cavallette e grilli. Il complesso del Pollino  è caratterizzato da una fauna eterogenea, stratificata secondo piani di altitudine e principi ecologici. Tra le varietà presenti; il lupo, grosso predatore, diffuso sull’intero territorio, il cinghiale, la volpe, la talpa, lo scoiattolo presente nella sua colorazione scura. Tra gli uccelli la specie più nota è l’aquila, la poiana, il nibbio, il gheppio, il falco pellegrino, il picchio nero, il gracchio corallino,il gatto selvatico, il capriolo, la lontra. Localizzata nelle parti più interne del Massiccio non ancora accessibili ai mezzi motorizzati troviamo la coturnice..Tra i rettili è presente la biscia, e la vipera, tra gli anfibi il tritone e l’ululone che si trovano nei torrenti che scendono dalla falde delle montagne, per sfociare nel grande letto del fiume Sinni. Gli incantevoli scenari naturali, di cui abbiamo accennato, oltre al Parco Nazionale del Pollino, che comprende una parte del territorio della Comunità Montana del Lagonegrese, ha fatto sì che si pensasse all’istituzione di un’ulteriore area protetta: quella del Lagonegrese – Val D’ Agri. Esistono anche progetti mirati alla creazione di un Parco Marino a Maratea.

Classe III, plesso Melara, I Circolo Lauria

Visita alla città di Matera ed al villaggio trincerato

Mercoledì 21 Aprile siamo andati a Matera insieme all’altra quinta del plesso Marconi di Lauria e alla quinta del plesso di Galdo. Siamo partiti da Lauria alle 6.00 . Dopo  aver camminato un po’ con il pullman ci siamo fermati in un area di servizio per consumare la colazione. La prima visita è stata allo Jazzo Gattini che era una masseria di pecore con un recinto e a fianco una casetta che veniva chiamata casone perché ci facevano i formaggi e tutti i latticini Dopo ci siamo incamminati verso il villaggio trincerato.

Abbiamo camminato molto e siamo arrivati dove prima c’era la porta del villaggio. La guida ci ha spiegato che intorno al villaggio c’erano dei fossi , che noi abbiamo visto.

Questi servivano per non far entrare gli animali feroci nel villaggio . Dopo abbiamo visto le tombe dell’età del bronzo .

Ci siamo recati nel pullman che ci ha portato in una vecchia chiesetta scavata nella roccia :la chiesa della Madonna delle 3 porte.

Nella chiesa ci sono quattro figure della Madonna , ma un volto è stato rubato da uno studioso tedesco. Poi siamo andati sulla Murgia, una collina alta da cui si vedevano  i Sassi di Matera e il torrente Gravina
Siamo tornati di nuovo allo Jazzo Gattini per consumare il pranzo. Lì abbiamo comperato degli oggettini . Dopo siamo andati a vedere il centro di Matera Dopo siamo andati in una casa antica e sono rimasto molto sorpreso per tante cose, ad esempio il fatto che gli animali vivevano nella casa con gli uomini ,che la famiglia era formata da 11 persone e vivevano in una casa così piccola che c’era solo un letto matrimoniale e una culla piccolissima La guida ci ha spiegato che il letame lo tenevano dentro casa perché dava calore . Quando siamo usciti la guida ci ha lasciato . Noi abbiamo comperato anche il gelato e dopo abbiamo fatto una passeggiata dentro Matera e abbiamo visto il Duomo . Dopo abbiamo raggiunto il pullman e siamo rientrati a Lauria. Questa giornata mi è piaciuta molto perché ho visto un paesaggio che è unico al mondo e mi sono divertito molto.

Francesco Cosentino V B, plesso Marconi, I Circolo Lauria



Visita al mulino


Gli alunni della classe prima del plesso Walter Limongi, accompagnati dalle insegnanti, esplorano l’ambiente intorno alla scuola e visitano il mulino.

I nostri disegni

Alunni classe prima plesso Valter Limongi 1° Circolo Lauria


Alla scoperta dell’ambiente

I bambini delle classi prima e seconda del plesso Melara, con la guida dell’insegnante, hanno fatto una ricerca sulle  attività presenti nella frazione Melara, luogo dove è situata la scuola. Preziosa è stata la collaborazione della nonna di un alunno che ha dimostrato ai bambini come si fa il pane in casa. Un grazie anche agli artigiani e negozianti che hanno ospitato gli alunni nei loro laboratori ed agli allevatori che  hanno mostrato loro le gabbie dei polli e dei conigli.

Classi I^ e II^ plesso Melara, I Circolo Lauria

Le comunità arbëresh

In Lucania sono presenti comunità di origine albanese: Barile, Ginestra, San Costantino, San Paolo ed altre. I paesi di San Costantino e San Paolo albanese nella val Sarmento ai piedi del Parco Nazionale del Pollino, sono facilmente raggiungibili da Lauria. Poche settimane fa sono stato ospite di un amico di mio  padre a San Costantino albanese. Ho fatto molte foto del paese.

Sono stato in chiesa ed ho intervistato  l’amico di padre. Più che un’intervista è un’interrogazione perchè gli ho fatto tradurre molte parole e frasi in lingua. Mi sono divertito ad ascoltare. Peccato che il signore non è voluto essere ripreso.

Molto bella è la scuola con quel disegno enorme. Peccato che in tutto ci sono solo 23 alunni … si è vero solo 23 alunni per tutte le classi della scuola!!!

Anche il forno è molto caratteristico,

ed il costume tradizionale

Il mio racconto  ha stimolato la  curiosità dei compagni ed abbiamo fatto una ricerca.
Abbiamo scoperto che la Val Sarmento è una vallata di appena 4500 abitanti e di 25 mila ettari di territorio rurale e montano. È una piccola zona del versante nord-orientale del Parco Nazionale del Pollino, dove si concentra un patrimonio unico,  di natura, di paesaggi, di biodiversità, di storia, di tradizioni, di identità, di cultura.
Attraverso rocce dolomitiche, pini loricati, boschi di faggio, cuscini di lava, nuclei abitati, comunità arbëresh, siti archeologici, in poche decine di chilometri si passa da un paesaggio “alpino” ad un paesaggio “mediterraneo”.
Alle pendici del Monte Carnara, sul versante orientale del Sarmento, e della Timpa San Nicola, sul versante occidentale, nei luoghi di “fere, sassi, orride ruine, selve incolte e solitarie grotte”, come li descriveva  Isabella Morra, negli anni del XVI secolo, le comunità arbëresh, profughe dalla Morea, hanno formato i loro insediamenti.
I due borghi rurali arbëresh, San Costantino e San Paolo, si conservano, quasi intatti, nelle loro case in pietra, nei tetti in coppi,
nei camini fumanti, nelle scale e nei ballatoi esterni alle abitazioni, negli intricati vicoletti e negli slarghi popolati dalle “gjtonie“ (il vicinato), dalle anziane donne, alcune delle quali vestono nei loro tradizionali costumi e col capo coperto nei tipici panni rossi.

Le origini delle comunità arbëresh di San Paolo e di San Costantino Albanese

Le due comunità di minoranza etnico-linguistiche di origine albanese presenti in Val Sarmento, di trecentocinquanta abitanti Shën Pali e di ottocentocinquanta Shën Kostandini, sono arrivate in val Sarmento, tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo,
fuggendo dalle coste orientali dell’Adriatico, dopo la morte dell’eroe Giorgio Castriota Skanderbeg, nel 1468, la caduta di Corone, nel 1470, e l’invasione ottomana dei territori balcani.
Da quelle terre devastate sono venute via intere famiglie, cariche di culture, di valori, di cuori, di masserizie. Hanno preso ospitalità in una terra, dove, sebbene arida, aspra, hanno potuto ricomporre i loro affetti, i ricordi, la storia, il lavoro, i bisogni umani; hanno potuto continuare a far germogliare vite, speranze e attività.
Erano popolazioni dedite, inizialmente, quasi solo alla pastorizia; poi, fermandosi, hanno costruito i loro insediamenti e hanno caratterizzato con le loro attività umane e con le loro opere i luoghi, i paesaggi. A causa della mancanza di vie di comunicazione hanno vissuto in totale isolamento per quasi cinque secoli, hanno conservato e difeso la loro etnia, mantenendo pressochè integri i loro usi e costumi, le loro tradizioni, la loro lingua, la loro religione, la loro cultura.
Conservano e difendono il loro patrimonio di valori; mantengono, infatti, feste religiose, riti, sagre, ricorrenze; propongono
rappresentazioni, mostre, musei di notevole significato ed interesse; la loro cultura popolare, materiale, orale è ancora viva e rappresentativa di un mondo altrove scomparso.
Ancora in uso, per esempio, è il “fastoso abbigliamento” da sposa indossato dalla donna albanese, come quello della descrizione: “scintillava di ornamenti e ricami d’oro, al collo, alle spalle e ai polsi; un largo colletto di pizzo cadeva sopra il corpetto di seta purpurea; pure di seta, e del più smagliante verde, era la sottana a pieghe”.
Le contaminazioni con le culture delle popolazioni indigene sono state quasi del tutto assenti fino agli inizi del 1900. I matrimoni, nei secoli precedenti, avvenivano, per esempio, solo tra coniugi appartenenti entrambi a comunità albanesi. I matrimoni cosiddetti misti tra un “arbëresh” (un italoalbanese) e un “lëtir” (un italiano), intorno al 1900 erano soltanto lo 0,2-0,3 %.

Ma l’azione di demolizione delle diversità, la dominanza della cultura ufficiale, della cultura dei mass-media, le ultime emigrazioni, le grandi trasformazioni sociali provocate dalla industrializzazione e dalle concentrazioni urbane, hanno causato una caduta della originaria identità.(Annibale Formica)

Pasquale Sarubbi, Classe V B plesso Marconi, I Circolo Lauria

QUALCOSA SU… IGLESIAS (classe 4ª A)

Iglesias è la nostra città, una bellissima città. É delimitata a Nord dal monte Marganai, ricco di vegetazione, dalle zone di Oridda con le quali forma un complesso montuoso molto importante, chiamato “massiccio del Linas”. Sempre a nord troviamo i laghi di Gennarta e di Bellicai, le colline di S. Angelo, Buon Cammino e Is lois. A Sud-est si estende la pianura del Cixerri, molto fertile e ad Ovest il mare con la spiaggia di Fontanamare e Masua.  

Panorama di Iglesias

Il centro abitato sorge su un piano inclinato delimitato dal colle di Salvaterra dove si trova l’omonimo castello, dal colle di Buon Cammino, su cui sorge la chiesa di Nostra Signora del Buon Cammino e dal monte Altari. Il clima è mite e temperato, il paesaggio è costituito da verdi vallate, orti, giardini, parchi naturali e minerari, una zona costiera con spiagge e stagni.  Iglesias si caratterizzava come città mineraria tanto che nel 1872 sorse  la scuola mineraria “Giorgio Asproni” che aveva il compito di istruire i capi. Oggi però tutte le miniere sono chiuse e per valorizzarle è stato istituito il “Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna”, il primo al mondo. L’UNESCO ha dichiarato i territori minerari patrimonio dell’umanità.    

Scuola Mineraria ieri

Scuola Mineraria oggi

Decidiamo di iniziare il nostro viaggio visitando il complesso di archeologia mineraria di Monteponi. In questa miniera, che si  trova vicinissima alla nostra città, si estraevano piombo, zinco e argento già in tempi antichi; i Fenici, i Cartaginesi e i Romani sfruttarono a lungo le nostre miniere.  

 All’inizio dell’anno scolastico abbiamo deciso di conoscere in modo approfondito la nostra cittadina che a noi pare bellissima.   

La presenza di fronte alla nostra scuola dell’istituto minerario ha catturato la nostra attenzione e ci ha invogliato a  documentarci su un aspetto molto importante di Iglesias:   LE MINIERE.

Iglesias anticamente era una città mineraria  molto importante, infatti le sue vicende economiche sono  state legate allo sfruttamento dei numerosi giacimenti metalliferi di argento, pirite, rame, piombo e zinco, ormai inattivi. 

Una ricchissima raccolta di rocce minerali  e materiali archeologici è custodita nel locale “ Museo di  mineralogia e paleontologia” ospitata negli edifici della scuola Mineraria.  

Inizia la nostra scoperta delle Miniere

Arrivato il momento di visitare la galleria, siamo saliti sullo scuolabus allegri e curiosi. Giunti a destinazione ci hanno accolto le guide che ci hanno condotto in una stanza dove abbiamo indossato dei caschi bianchi obbligatori per ragioni di sicurezza. Sembravamo dei piccoli marziani con una grande testa. Anche la maestra l’ha dovuto indossare e faceva ridere.

 

Noi indossiamo i caschi per entrare in galleria

 

Pozzo Sella

 Ormai pronti ci siamo diretti verso la galleria mentre la guida iniziava il suo racconto.

 

Ingresso in galleria

 

Particolare dell'ingresso di Villamarina

L’emozione era tanta e cercavamo di non farci sfuggire nessun particolare. La galleria, intitolata al marchese Villamarina,  vicerè del regno di Sardegna, è scavata a quota 171 metri s. l. m.  e collega i pozzi Vittorio e Sella.

Ha subito catturato la nostra attenzione un antico martello perforatore che funzionava ad aria compressa e veniva utilizzato per realizzare fori nella roccia grazie alla sua punta di carburo al tungsteno, con un movimento di rotazione e percussione. Nel foro poi veniva inserito l’esplosivo che frantumava le rocce permettendo l’ estrazione del minerale. 

Antico martello perforatore

 Proseguendo il nostro viaggio nella galleria siamo arrivati al pozzo Sella, scavato nel 1874, che ospitava le grandi pompe a vapore che risucchiavano le acque sotterranee difendendo così le gallerie dal pericolo di allagamento. 

 

Pozzo Sella - interno

Nello stesso pozzo è situato il maestoso argano provvisto di una grossa fune di acciaio che serviva a trascinare l’ascensore  chiamato gabbia, utilizzato per il trasporto dei minatori.    

Parte superiore dell'argano

Durante la visita abbiamo anche visto un sistema di abbattimento delle rocce con un’armatura di legno e i palchetti di sosta nei quali i minatori lavoravano in condizioni  disagiate.     

Armatura di legno

Durante la visita pensavamo al duro lavoro dei minatori che lavoravano più di 14 ore sottoterra al buio e rischiavano di morire; la vita dei minatori è stata tanto dura: molti sono morti, hanno protestato ottenendo condizioni di lavoro un poco migliori.

Galleria

 

Panoramica delle foto inserite nell’articolo

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La Pasqua oggi

Oggi la Pasqua si festeggia in famiglia ; si assiste ai riti della settimana santa , la benedizione delle palme , la lavanda dei piedi,l’adorazione eucaristica,la via Crucis, la santa messa di Pasqua. Si gustano in questo periodo le prelibatezze pasquali, piatti tipici rioneresi, le colombe pasquali ricoperte di cioccolato e uova di cioccolato con la sorpresa .

Alcune persone approfittano delle vacanze di Pasqua per fare viaggi e gite in altre città ; a Pasquetta vanno a fare la scampagnata.